lunedì, giugno 30, 2008

Prosciutto e fichi con riduzione di aceto balsamico al mirto

Ecco un piccolo finger tipicamente romano al quale mi son divertita ad aggiungere un tocco sardo!

Prepararli è elementare:
Andate al forno e comprate uno scojo (come si dice dalle mie parti...sarebbe un bel pezzo) di pizza bianca non troppo sottile altrimenti non si riesce a spaccare a metà, poi passate dalla contadina al mercato e prendete i fichi (ben maturi) ed infine dal norcino dove prenderete del prosciutto e una mozzarella.


Tornati a casa cercate nella dispensa e mettete in un pentolino 50g di aceto balsamico, 10g di zucchero e 3g di bacche di mirto. Lasciate ridurre per qualche minuto e togliete dal fuoco.


Ricavate dalla pizza tanti quadratini (se volete fare gli chic, altrimenti farcitela sana!) e farcite con un pezzettino di mozzarella, il prosciutto, il fico lavato con la buccia e qualche goccia della riduzione al mirto.

Insuperabile!

venerdì, giugno 27, 2008

Granelli d'oro con zucchine e feta cremosa

Questi cucchiai sono perfetti per un happy hour vegetariano...che ne pensate?

Per prepararli ci ho messo un attimo e non mi son neanche accaldata davanti ai fornelli....vi spiego:

Fate bollire del brodo vegetale e quando bolle in una tazzina sciogliete i pistilli di zafferano (oppure la bustina).
Prendete il cous cous che vi occorre e dopo esservi unte le mani con dell'olio evo strofinate il cous cous. In questo modo i granelli si ungono e sgranarlo sarà semplicissimo!
Ora unite lo zafferano e qualche mestolo di brodo bollente fino a superare di un dito il cous cous. Lasciate gonfiare (circa 10').
Tagliate a dadini molto piccoli la zucchina e passatela in padella con sale, pepe e all'ultimo del basilico. Basterà un minuto di cottura perchè devono restare croccanti.
Prendete la feta e frullatela con del latte fino ad ottenere una crema liscia ed non troppo solida; io ho utilizzato 40g di feta e 30g di latte (circa).
A questo punto montate il cucchiaio mettendo una torretta di cous cous, i dadini di zucchina, un pezzetto del fiore e da una parte la crema di feta.


Se come me siete sprovvisti di piccolo coppapasta createne uno così: prendete un foglio di alluminio e piegatelo più volte su se stesso fino a formare una striscia...fatto? Arrotolate la striscia intorno al collo di una bottiglia...fatto?... fermatela con un pezzetto di nastro adesivo...fatto? Ed ecco pronto il mini-coppapasta!


Buon Divertimento!

mercoledì, giugno 25, 2008

Gli spruzzi, lo iodio, il fuoco (tutti i fuochi)


Nel Monolocale ci sono libri impilati, e afa, e piedi nudi e voglia di frescura.
C'è voglia di rimanersene ad osservare le parole liquefarsi tra le spirali azzurrognole del fumo di una sigaretta.
C'è voglia di tramontana. E di una birra.

Che poi un giorno gliel'ho chiesto perché mai non m'avesse portata una volta che fosse stata una con lui, e aveva sgranato gli occhi come se non aspettasse altro che quella domanda, come se non volesse altra cosa più di una così esplicita richiesta. Ed allora l'ho portata con me, e quel pomeriggio ci siamo arrampicati sul molo ed in continuazione voleva sapere quando saremmo arrivati, e cosa ci fosse mai di così bello su quel molo, ma ora so perché mi ha portata fin là, il mio Guillaume. Il mare si scontra negligentemente contro gli scogli, e nonostante tutto mi arrivano gli spruzzi in faccia, e nel naso lo iodio e nelle orecchie il roboante rifrangersi delle onde. Gli ho chiesto "sarai mio per sempre?", accidenti m'ha anticipato con quella domanda, "sarai mia per sempre?", stavo per chiederle.
L'osteria ci aspettava in paese, voglio qualcosa che mi fissi in mente il gusto di questa giornata, ho detto al mio Guillaume, Bertrand una di quelle bottiglie di Theix ho ammiccato all'oste, e dovevate vederli, quel Guillaume e Madame Pericard, abbandonarsi voluttuosi ad una luna di miele color del malto...

Nell'osteria c'erano bicchieri, birra, bicchieri di birra, bicchieri vuoti dopo aver ospitato birra. Birra bretone da sorseggiare, lentemente, dai bicchieri di un'osteria vicino a Theix, con lo sguardo perso fuori dalla finestra che non affaccia su Theix, ma che è lì, mentre beviamo birra. Birra bretone. Dentro un'osteria.

Della Morbraz avevo letto, tempo fa, dalle parti di Cavoletto.
Poi, fu Le Tamerici. E Roberto. Ed il primo assaggio.


[nella foto: La MorBraz chez Monolocale; (forse) Guillaume e Mme Pericard - i protagonisti di "La Chapelière", uno dei miei racconti; paesaggi bretoni; "Tutti i fuochi il fuoco" di Cortàzar, dove si trovano La signorina Cora ed Autostrada del Sud ai quali mi sono liberamente ispirato per gli esercizi di stile di cui sopra. Perché Julio non si legge. Si studia.]

lunedì, giugno 23, 2008

India Pale Ale - Di una birra, dell'India e di quant'altro...


Che ci fanno un'italiana, un'inglese ed un'americana sul balcone del Monolocale?
Se sono tre birre - più specifico, tre India Pale Ale -, quello che di meglio potrebbero fare. Ovvero, presentarsi al cospetto del birrafondaio del Monolocale come l'espediente più adatto per aggirare l'afosa umidità di questi primi giorni d'estate.
Perché le IPA, con la loro luppolatura elevata, il basso volume alcolico e la facile beva sono in assoluto la mia tipologia birraria per l'estate.

Occhei, c'è di più.
Le India Pale Ale hanno una storia assai interessante, ammantata di pensate geniali, spionaggi industriali, mercati da conquistare e impiegati, militari, amministratori del Raj Britannico assetati da soddisfare...
Che la birra abbia da sempre seguito chi ha l'ambrosia di Gambrinus a scorrergli per il DNA è una verità vera, e già Carpentier parlando della colonia olandese a Paramaribo ne aveva dato prova... Ma l'India Pale Ale è qualcosa di più. Non è semplicemente una birra esportata. E' una birra nata per l'esportazione.

"E' una vecchia storia, ma nondimeno un dato di fatto, che le restrizioni poste dal Governo al traffico con il Baltico [...] indusse i birrai di Burton a concentrare l'attenzione su altri mercati [...] Ed altri strani racconti sono stati congetturati sulla sua origine, ognuno dei quali parla di una consegna di birra avvenuta in condizioni oscure che, dopo aver attraversato tutto il mondo, tornò alla Patria d'origine in condizioni così eccellenti, chiara e frizzante, tanto da esser detta superiore ad un bicchiere di Madeira o di champagne [...]"
(Alfred Barnard, The Noted Breweries of Great Britain and Ireland).

Per chi volesse saperne di più sulla supremazia organolettica delle birre di Burton-upon-Trent (che eccellevano, a quanto parte, per la particolarità della loro acqua ricca di sulfiti), sul piccolo birrificio londinese Hodgson che conquistò e monopolizzò il mercato indiano, sull'antipatia della Compagnia delle Indie Orientali per Hodgson ed il conseguente prepotente ingresso nei boccali indiani delle birre di Allsopp, c'è un esauriente sito all'uopo creato.

Ciò che piuttosto ancora si ignora è un'altra leggenda: quella dell'ingresso delle IPA sui mercati britannici. Perché le India Pale Ale, un po' come i kiwi di Latina, nei pubs londinesi non sarebbero mai finite se, nel 1827, una nave da carico non fosse affondata nel Canale d'Irlanda - permettendo così la fortunosa prima spillatura di IPA.

Fu amore a prima vista. Barnard ne loda le virtù così:

"[...] una bevanda tonica e nutriente, chiara, effervescente e piacevole [...]" (op. cit.).

Da Reading a Brighton, passando per Leeds, Sheffield, Newark, Stratford, fino alla gallesissima Cefn: ogni birrificio inglese produce almeno una di quelle IPA che - nel 1889 - sono sulla cresta dell'onda, richieste ed amatissime dai palati inglesi.

Per Roger Protz, quelle IPA prodotte a basso tenore alcolico, senza invecchiamento, running beers, non sono che "abusi storici", come molte delle suppostamente India Pale Ale sul mercato.

Le mie Snake Dog IPA di Flying Dog, Noscia di Maltovivo e IPA di St. Peter's sembrano aver intuito la loro pericolosa situazione.
Ree confesse, si sono dette pronte alla pena capitale.

giovedì, giugno 19, 2008

Formaggi e diletti, Delitti e Formaggi


Al contadino non fargli sapere quanto è buono il cacio con le pere, recita l'adagio popolare.

Noi, che contadini non si è nemmeno lontanamente, non ambivamo a tanto l'altro giorno nella solita puntata-rastrellamento da Mirko.
Ed all'assenza delle pere non abbiamo fatto caso più di tanto.

Ci siamo "accontentati" di assaggiare, con sommo gaudio, lo spaziale prodotto dell'Azienda Agricola De Nigris, il Bubalus, magnificente formaggio a pasta morbida e cremosa ottenuto da latte esclusivamente di bufala scottato a sessantacinque gradi, un gioiello caseario.

E saggiarne la consistenza quasi burrosa, morbida, avvolgente c'ha risvegliato afflati formaggiofili.
Tanto che, in uno slancio di fiducia incondizionata e solare ottimismo, ci siamo tuffati per i banchi del mercato civitasvetulino in barba all'anticiclone delle Azzore che, dopo essersi fatto lungamente attendere, sembra aver finalmente portato l'estate in città.

Slancio destinato a svanire di lì a poco, ahinoi.
Che c'entra, non anelavamo a trovare a Citavecchia il De Nigris, diocenescampieliberi!
Ma almeno qualcosa di simile.

Resta il fatto che l'unica cosa di cui abbiamo condotto a casa le tasche piene è la sconcertante civitavecchiesità, one more time.

Questo il dialogo tipo, ripetuto con tre-banchi caseari-tre differenti, prima dello scoramento.
"Buongiorno, cercavamo un formaggio semistagionato di bufala..."
"Le mozzarelle, di bufala", come a dire "guardate che col latte di bufala si fanno solo le mozzarelle".

Poi vabbé, chiediamo se per caso hanno la robiola stagionata, e nisba.
La cosa più bella in assoluto è la reazione successiva.
Il banconista inarca il sopracciglio. Ci guarda in cagnesco. "Ma che ci dovete fa con tutta 'sta roba?", chiede sospettoso.

E adesso la voglia di formaggi spaziali chi ce la toglie?
Speriamo Delitti e Formaggi di Giles Milton.
Che a leggere la sinossi m'è sembrato di rivedere la maledizione della persecuzione dei profumi e di un naso - un po' come quello di Jean-Baptiste Grenouille de Il Profumo - una spanna sopra gli altri.

Là dove i banchi del formaggio del mercato di Civitavecchia non potranno volare mai.

martedì, giugno 17, 2008

Ristoro "La dispensa"


Venerdì pomeriggio.
A fare la spesa vado io.
No vai te.
Io, te. Assorbiti nei rispettivi impegni, il risultato non poteva che essere uno: la spesa non l'ha fatta nessuno.
D'altronde la spesa da sola non si fa.
Vabbè, arrangiamoci con quello che abbiamo in dispensa.
Ma si dà il caso che anche la dispensa ahinoi, non è che brilli per varietà di proposte.
Perciò che si fa?
Se la dispensa non viene da noi, siamo noi ad andare alla dispensa!
Al Ristoro La Dispensa.
Arrivare al Ristoro la Dispensa, per noi civitasvetulini, sarebbe una passeggiata di salute se non fosse che dobbiamo "raccattare" L. - guest star della serata - a Roma.
Con L. maliardamente seduta sul sedile posteriore ci tuffiamo su viale di Boccea mentre Roma, alle nostre spalle, evanescente lascia il posto ai primi rigogliosi scorci della campagna romana.

Arriviamo al Ristoro che è già buio, ed è un peccato perchè immaginiamo un bellissimo paesaggio stendersi sotto la terrazza, uno di quei paesaggi di bucolica serenità.

Al Ristoro La Dispensa non giungiamo per caso.
Ad esercitare la sua mirabile arte in cucina v'è infatti Andrea Dolciotti, già chef di Roscioli in illo tempore, magister e prezioso suggeritore di mille trucchi e consigli culinari nonchè star mediatica nelle fredde terre della Siberia.
Tutt'altro che fredda - quel freddo che solo nella tundra siberiana - è invece la cucina di Andrea, tanto prono alla creatività quanto al rispetto delle tradizioni e della territorialità; nuances che riesce a sposare egregiamente nell'offerta che propone agli avventori, per l'appunto, del Ristoro la Dispensa.

A dover di cronaca va sottilineato il nostro status di assaggiatori privilegiati, dacchè in una sola cena abbiamo praticamente sbocconcellato ogni leccornia che la sua sapiente e "grossa" mano in cucina sa creare.
Dalla magnifica selezione di crudità d'entrée fino alla mozzafiato carrellata di dolci (dove si fa sentire l'influenza di certi ispanici avanguardisti, quasi à la Torreblanca), passando per il tortino fondente di cipolla, l'amatriciana testaccina e la pasta di grano arso, il pescato fresco, la selezionatissima carta dei vini (e - a breve - anche delle birre artigianali per la gioia del maschietto inquilino del Monolocale), tutto sembra suggerire una puntata al Ristoro La Dispensa.

Anche se non avete dimenticato di fare la spesa.

Ristoro La Dispensa
Via di Boccea 1401
Roma

giovedì, giugno 12, 2008

Arancini

Arancini o Arancine?

Noi del "Monolocale", forse sbagliando, li chiamiamo arancini!

Altro dubbio...con riso al ragù di carne e piselli...o con il risotto allo zafferano ed il ragù di carne e piselli come tesoro da scovare all'interno?

Abbiamo optato per questa seconda opzione...come prepararli? Ve lo spiego subito, passo dopo passo:

Per prima cosa mettete sul fuoco un abbondante soffritto di sedano, carota e cipolla, aggiungete del macinato misto, sfumate con vino bianco, unite una foglia di alloro, 2 bacche di ginepro, pepe, un pizzico di sale e qualche altra spezia a vostro piacere (io ho utilizzato un paio di bacche di mirto). Lasciate cuocere per un paio di ore aggiungendo qualche mestolo di brodo di carne.

Ora si prepara il Risotto:
Fondo di cipolla, fate tostare il riso, sfumate con del vino e aggiungete del brodo di carne. Il fuoco, dopo l'iniziale tostatura, deve essere moderato ed il brodo unito mestolo dopo mestolo facendolo assorbire pian piano altrimenti otterrete del riso lesso. Mettete i pistilli di zafferano in mezzo bicchiere di acqua bollente (si si la bustina va bene ugualmente ma non è altrettanto profumata!), unitelo in parte a metà cottura (così prenderà bene il colore) il restante a cottura ultimata in modo da preservarne l'aroma. Quando il riso è pronto toglietelo dal fuoco e mantecate con burro e parmigiano. Stendelo su una placca e lasciatelo raffreddare.
Piselli:
Questi andrebbero messi nel ragù ma io sia per comodità, sia per lasciare vivace il loro colore li sbollento a parte in acqua salata e poi li aggiungo quando confeziono gli arancini. In questo modo in ogni arancino ci sarà sicuramente e nella stessa misura ogni ingrediente.
Confezionamento:
Ora che tutti gli ingredienti sono pronti (e freddi, altrimenti rischiate l'ustione!) bagnatevi le mani, prendete un pugnetto di riso e modellatelo sulla mano formando una pallina con un foro al centro, mettetevi il ragù, 3 pisellini e richiudete o piegando i bordi su se stessi oppure aggiungendo sopra un altro po di riso. Modellateli nella classica forma a "goccia".

Ci siamo quasi Panatura:
Manca soltanto di passarli nella farina (potete anche saltare questo passaggio ma sarete ancora più sicuri che in cottura non si apriranno) nell'uovo e nel pangrattato...

Olio bollente....e si frigge!!

martedì, giugno 10, 2008

Le ComicAle (coming soon)


Jean-Pierre Van Roy e Frank Boon mi toglierebbero il saluto, lo so.
E con loro, tutti quelli per cui "una kriek non è kriek se non è su base Lambic".

Ma Civitavecchia non è nel Payottenland, né i Brettanomyces bruxellensis e lambicus sono mai venuti ad imbarcarsi per una crociera nel mediterraneo da queste parti.
Al massimo viene il Signor Saccharomyces Cerevisiae, ogni tanto, a mangiare una frittura sul lungomare.

Perciò la Kriek del Monolocale in Centro (l'ispirazione m'era venuta quel giorno) sarà su base Ale. Belgian Ale.
E reclama imbottigliamento, dacché da qualche giorno il gorgogliatore non gorgoglia più...
Ma dal densimetro si propaga nell'aere profumo di cherries, cannella, cardamomo...

Insomma. Coming soon, si direbbe.
Stay tuned.

lunedì, giugno 09, 2008

Gricia sfumata con Sveva



Perdonate la foto...è decisamente sfocata ma vale comunque la pena di farvi per un attimo assaporare queste mezze maniche irresistibili!


Si tratta di una Gricia fatta come si comanda (il guanciale era addirittura di cinta senese!), sfumata però con una lager chiara (Sveva) del birrificio artigianale chierese di nome Grado Plato.


Bhè....uno spettacolo!


Vi descrivo il mio procedimento pur essendo sicura che ognuno di voi userà il suo metodo per ottenere la giusta cremina...
Per primo cosa ho buttato le mezze maniche in acqua bollente. Ho preso una padella ampia, l'ho fatta scaldare sul fuoco poi ho aggiunto il guanciale. Quando la temperatura si è fatta rovente ho sfumato con la birra. Scolato la pasta,aggiunto il pepe, mantecata aiutandomi con un pò della sua acqua di cottura e finito con il pecorino fuori dal fuoco.

Buon appetito!!

martedì, giugno 03, 2008

I Pescatori di Orbetello

Passeggiare per il porto vecchio di Civitavecchia e vedere i pescherecci in stand-by – quei pescherecci che così tante gioie (e pure qualche San Pietro in festa) t’hanno donato – fa male.
I pescatori, non solo quelli civitasvetulini, da qualche tempo sono sul piede di guerra. Saperli così stretti nella morsa del caro-gasolio te li rende più simpatici, se possibile. E rievocare trasognanti pesche notturne, coi ciancioli e le lampare, ti strappa un sospiro.
Ma questa, pur essendo una storia di pescatori, è la storia di altri pescatori. Di pescatori felici.

Chiara, me lo dice sempre, va pazza per quella lingua di terra che taglia in due la laguna di Orbetello. Altro che soprelevata genovese! Attraversare quel lembo di strada la (ci) mette di buon umore, specie quando guidi spensierato verso Porto Ercole per una passeggiata che ti fa dimenticare, per un attimo, il peso di una settimana di studio.

Poco più in là di quella lingua d’asfalto, affacciata sulla laguna, c’è l’antica Fortezza Spagnola di Orbetello.
Dentro, una trattoria. Diversa da ogni altra.
I Pescatori.

Ai Pescatori ci sono duecentocinquanta coperti (più altri duecentocinquanta, d’estate, sulla darsena).
Per sederti devi prendere il numeretto, come al supermercato. E poi devi ricordarti a memoria il menu, per esser pronto a decantarlo alla cassiera che – in stile Gestapo – t’interroga frettolosa prima di stamparti il conto.
Lì le prime note positive. Il perché, però, ve lo svelo solo alla fine.

Per ora puoi sederti.
Certo, c’è da aspettare un po’, il servizio è spartano e non proprio dominato da una finesse parigina.
Ma poi ecco che, di colpo, realizzi quanto il gioco valga la candela.

I Pescatori sono davvero pescatori. Camerieri, cuochi, fornitori, tutti pescatori della Laguna d’Orbetello. Va da sé che il pescato è freschissimo, e spesso e volentieri cucinato (o preparato) con tecniche ancestrali.

Sbocconcelli felice un antipasto suntuoso, dalla bottarga di cefalo (o muggine che dir si voglia) accompagnata da un buon puré ai filetti di cefalo affumicato, dalle alici in salsa rossa ai crostini con la palamita. E poi via, in un crescendo rossiniano di bontà, verso una maestosa anguilla sfumata o una generosa porzione di calcinelli (che ricordano un po' i cicciarelli di Noli) in frittura, fino all’orata alla griglia così disarmantemente semplice eppure deliziosa.

Accompagni il tutto con un Vermentino, e mentre sorseggi un sorbetto al limone ripensi a perché, da quando ti sei seduto, c’hai quel sorriso ebete stampato sulla faccia.
Forse perché, nell’era del caro-gasolio, la sera dopo una mazzata ingloriosa (ma questa è un’altra storia), in tre hai pagato solo cinquanta euro?


Trattoria I Pescatori
Via Leopardi, 9
Orbetello (GR)
Tel. 0564 860611

http://www.ristoranteipescatori.it/

[Nella foto: Chiara immortala lo specchietto retrovisore, sullo sfondo la laguna di Orbetello; Calcinelli; l'esterno della Fortezza Spagnola - Ristorante I Pescatori; l'antipasto spartano ma efficace; l'anguilla sfumata]