domenica, marzo 09, 2008

Paramaribo, Alejo Carpentier e la Parbo Bier


Paramaribo, la capitale del Suriname, ha fatto il suo ingresso nell'immaginario collettivo di noialtri ragazzetti degli anni Ottanta quando ai nomi di calciatori olandesi che sembravano usciti da dipinti di Bruegel - da Dean Gorre a Stanley Menzo passando per Ulrich Van Gobbel - cominciammo ad associare volti neri più di Otello.

Oggi me ne ritrovo un affresco stupefacente ne "Il secolo dei lumi", ennesimo romanzo di Alejo Carpentier che sto divorando - e mai immagine fu più opportuna - proprio in questi giorni.

[INTERMEZZO: Alejo Carpentier, gli habitué del Monolocale ricorderanno, è di gran lunga il mio scrittore preferito. Perché è foodie come solo un grande scrittore cubano degli anni '30 poteva essere. Si trovano tracce di sbocconcellamenti ovunque, nei suoi scritti, da Ecue-Yamba-O a Il Regno di Questo Mondo passando per L'Avana, amore mio fino a Il secolo dei lumi; e non escludo che ve ne siano altre ne Il ricorso del metodo e I passi perduti. Tanto che ho deciso di approfondire l'argomento, e mi sto facendo accompagnare a braccetto da Alejo - che immagino vate meditabondo e saggio - tra i sapori del Caribe, cosicché un giorno...]

"Quando Esteban [...] si ritrovò nelle vie di Paramaribo, gli sembrò d'esser capitato in una città dipinta ed addobbata per una grande festa - città con un che di kermesse fiamminga e molto di un Bengodi tropicale. Un'abbondanza da natura morta sembrava essersi riversata nei viali alberati d'aranci, tamarindi e limoni, con le loro ridenti case di buon legno [...]. Nelle botteghe di commestibili, accanto alla macelleria dove s'offriva la carne di tartaruga insiema al cosciotto guarnito d'aglio, erano ricomparse le meraviglie - un po' dimenticate da Esteban - della birra Porter, dei grossi prosciutti di Westfalia, delle anguille e delle triglie affumicate, delle alici in salsa marinata con capperi e alloro e della mostrada piccante di Durham. [...] I pavimenti di mogano venivano strofinati, ogni giorno, con arance acerbe, il cui succo, assorbto dal legno, spandeva un delizioso profumo di spezie. [...]".

Oggi il centro storico di Paramaribo è Patrimonio dell'Umanità UNESCO, per via della caratteristica "fusione dell'architettura olandese con tecniche e materiali locali".
E non solo architettura, verrebbe da dire.
Gli olandesi hanno importato a Parbo (così viene anche chiamata Paramaribo) anche il consumo di birra - come Carpentier sottolinea nel passo di cui sopra.
Il Surinaamse Brouwerij N.V., inaugurato nel 1955 - e recentemente rilevato dall'onnipresente gruppo Heineken -, produce infatti la Parbo Bier (che in Olanda può essere sorseggiata con l'etichetta Djogo Bier), ma anche una Power Stout francamente inusitata, a quelle latitudini e a quelle temperature.

Nondimeno, ottima per conservare il retaggio culturale dei tempi che furono.

Nella foto, da sinistra a destra:
Prima riga: la bandiera del Suriname sventolante - a volo d'aquila sul centro storico
Seconda riga: Parbo Bier Lager - Il centro storico e le caratteristiche case in legno - Fort Zeelandia
Terza riga: una stampa del diciottesimo secolo di Par'bo - Sinagoga e Moschea ad un tiro di schioppo, perché Paramaribo è il tempio della tolleranza - vetrofanie Parbo Bier


1 commento:

Anonimo ha detto...

grazie per avermi fatto conoscere paramaribo
non sapendo nulla di calcio (tantomeno di calciatori olandesi) non ne avevo mai sentito parlare!