domenica, marzo 30, 2008

Ricette oniriche: "per far ballare una ragazza in camicia"


Divorato l'ennesimo romanzo di Alejo Carpentier, "Il secolo dei lumi" (su perché, in riferimento alle opere di Carpentier, divorare sia più che mai termine consono rimando all'intermezzo di questa suggestione), è giunto il momento di decarpentierizzarsi, almeno per un po'.

E dacché ho la Casa Occupata da rutilanti moltitudini di pensieri, parole, opere ed omissioni, ricette di Chiara e progetti, nonché una forte Cefalea, ho deciso di (ri)tuffarmi a capofitto su Julio Cortàzar.

Casa Occupata e Cefalea sono i titoli di due racconti inseriti in Bestiario.
Bestiario è la raccolta che, grazie a Claudio, Luca & Silvia, alias la trimurti delle buone letture, mi ha fatto conoscere Cortàzar.

Vittima della sua creazione letteraria più felice, Cortàzar è il Cronopio per eccellenza.
"I Cronopios" - le parole sono di Italo Calvino - "sono coloro che, se si lavano i denti alla finestra, spremono tutto il tubetto per veder volare al vento festoni di dentifricio rosa; se sono dirigenti della radio fanno tradurre tutte le trasmissioni in rumeno; se incontrano una tartaruga le disegnano una rondine sul guscio per darle l'illusione della velocità.".
Ben altra genìe rispetto ai Famas, "quelli che imbalsamano ed etichettano i ricordi, che bevono la virtú a cucchiaiate col risultato di riconoscersi l'un l'altro carichi di vizi, che se hanno la tosse abbattono un eucalipto invece di comprare le pasticche Valda.".

Tutto questo proemio per giungere alla ricetta onirica nella quale mi sono imbattuto nelle primissime pagine de "La vuelta al dìa en ochenta mundos", vale a dire "Il giro del giorno in ottanta mondi", recentemente pubblicato da Alet.
Ripresa dal trattato di magia "Les Admirables Secrets d'Albert le Grand", la ricetta è pensata

per far ballare una ragazza in camicia


Prendete della maggiorana selvatica, dell'origano puro, del timo selvatico, della verbena, alcune foglie di mirto insieme a tre foglie di noce e tre piccoli gambi di finocchio. [...] Occorrerà seccarli all'ombra, triturarli e passarli in un colino fine di seta; e quando si vorrà portare a termine questo piacevole gioco, [...] gliela si farà prendere come se fosse tabacco da fiuto; l'effetto si manifesterà immediatamente.".

Trito speziale che, secondo me, non sfigurerebbe se utilizzato nella preparazione di ottime mancuspie alla cacciatora.

Difficile trovare le mancuspie, dite?

Beh, allora qual è la vostra ricetta onirica?
Voi, come riuscite a farle ballare le ragazze in camicia?



[Nella foto: frontespizio dell'edizione originale; Julio Cortàzar visto da Gilmar Fraga, vignettista per il quaderno di cultura Zero Hora di Porto Alegre, Brasile]

venerdì, marzo 28, 2008

Bicchierino fragole e crema di mascarpone

Anche se le fragole che si trovano in giro sono ancora quei bestioni di serra che sprizzano addittivi da tutti i pori...io non ho saputo resistere!

Dopo il bicchierino "simil-molecolare" una botta di vita a base di mascarpone e fragoloni!


Ero indecisa fra il "fiorello" o il classico mascarpone...
ho optato per il secondo, lavorato con dello zucchero semolato e alleggerito (per modo di dire!) con della panna fresca montata. Diviso in due contenitori.
Ho poi frullato le fragole con un po di zucchero e raffinato al passino fine.
A parte del composto di mascarpone ho aggiunto questa salsa (lasciandomene un pò da parte) ottenendo una stupenda crema rosa confetto. Un'altra parta l'ho lasciata bianca.
Ho tagliato un paio di fragole a pezzettini e ho iniziato a riempire i bicchierini sbizzarrendomi con la fantasia!

giovedì, marzo 27, 2008

HE is REALLY comin'...




[questo è un post a blog unificati]

Dieci minuti fa ho consegnato – dopo le ultime sanguinose correzioni alle bozze – quella che sarà la versione definitiva de “L’inafferrabile Weltanschauung del pesce rosso”, la mia prima raccolta di racconti brevi.

Uscirà ad aprile (e non è un pesce d’aprile) per la collana Lettere di Prospettiva Editrice, impreziosita da due acquerelli, in copertina ed in quarto di copertina, del bravissimo Luc.

Ci troverete divertissements, esercizi di stile, calembours e pagine intrise d’aromi e sapori. Evocazioni sul passato prossimo e sul futuro a venire. Vi leggerete di una città – Civitavecchia – che nel bene e nel male è la mia città. E, tra una pagina e l’altra, scorreranno immagini di calci ad una sfera di cuoio.

Ah. A breve, date (e dati) più concreti.

A-ri-ah. Per gli appassionati del dilemma "è nato prima l'uovo o la gallina?", è il blog a chiamarsi come il libro, e non viceversa.

martedì, marzo 25, 2008

Panna con fragole balsamiche (giocando con la Xantana)

Durante questi giorni di festa mi son divertita a giocare con il mio kit dei fratelli Adrià...
La Xantana mi ha conquistato!

Si tratta di una polvere raffinata solubile sia a caldo che a freddo ottenuta dalla fermentazione dell'amido di mais con un microrganismo presente nei cavoli (Xanthomonas campestris). Possiede un grande potere addensante.

Io l'ho utilizzata per ispessire sughetti di cottura e intingoli golosi...

Poi l'ho provata per preparare questo bicchierino. Ho semplicemente frullato con un minipimer dello sciroppo di menta (ottenuto con acqua, poco zucchero e menta glaciale fabbri) a cui ho aggiunto una punta di Xantana (ne basta veramente pochissima!) e lasciato riposare in frigo per qulache ora in modo che si potesse sciogliere completamente.
Montato il bicchierino con la menta, fragole fresche passate nello zucchero e panna lucida!

venerdì, marzo 21, 2008

Ricetta Pizza di Pasqua di Civitavecchia


Ed ecco che vi svelo tutti gli ingredienti, dosi e segreti della vera Pizza di Pasqua Civitavecchiese!

Prima di tutto si deve impastare la biga che io ho preparato con 700g (circa) di farina manitoba, 500g di acqua (non ghiacciata) e 10g di lievito di birra fresco. Impastate facendo rimanere il composto abbastanza appiccicoso e riponete in frigo in una ciotola capiente coperta.

Io l'ho preparata dopo cena ed utilizzata nella tarda mattinata seguente quindi ha lievitato 15h circa.

A questo punto rimboccatevi le maniche che c'è da faticare.

Ingredienti:
5 uova
600g di pasta lievita
750g di zucchero
350g di ricotta di pecora
250g di burro
35g di cannella
40g di anice
1/2 bicchiere di latte
1/2 bicchiere di vino rosso
60g di lievito di birra fresco
1 bicchierino di sambuca con una punta di alchermes
750g di farina manitoba (circa)
750g di farina 0 (circa)

Per prima cosa scaldate il vino rosso e metteteci a bagno l'anice.
In un recipiente molto grande amalgamate la pasta lievita con la ricotta precedentemente setacciata e con il lievito di birra sciolto nel latte appena tiepido.
In un altro contenitore sbattete le uova intere con lo zucchero e tutti gli altri ingredienti (esclusa la farina). L'impasto risulterà quasi liquido.
A questo punto cominciate ad aggiungere le due farine setacciate facendole amalgamare piano piano al composto finchè la pasta non risulterà elastica e poco vischiosa.
Suddividete l'impasto nei vari stampi tenendo presente che crescerà di volume più del doppio. Mettete gli stampi in un luogo caldo ed umido e lasciate lievitare minimo per una decina di ore.
Quando sono ben cresciute spennellatele con del tuorlo d'uovo appena allungato con l'albume e infornate per un'ora (circa) a 170°.

Ed ecco pronte le vostre favolose Pizze di Pasqua...qualche fetta di corallina, un uovo sodo, cioccolato fondente e un buon bicchiere di vino rosso...cosa volete di meglio?!

La ricetta che ho seguito è, con qualche modifica, quella di "mamma Elide", grazie a Paola per avermela passata!
Se avete qualsiasi domanda da pormi non esitate a chiedere!

martedì, marzo 18, 2008

Quel St. Patrick's Day...


...è stato di certo un St. Patrick's Day diverso da quello che vivi, proiezione obliqua, in un lunedì romano verde opaco in confronto alla smeralda scintillanza di quei giorni.

Quel giorno di San Patrizio di due anni fa (d-u-e a-n-n-i) non disquisivi sulla veridicità della Pizza di Pasqua civitavecchiese che propone Panella in Via Merulana, no. Quel diciassette marzo atterravi a Dublino e ti ritrovavi a serpenteggiare con un trolley tra una tromba trifogliata, un tamburo trifogliato, un'intera banda trifogliata che riempiva di gioiosi trifogliati festeggiamenti il mitico distretto di Temple Bar.

Quel St Patrick's Day lo vivevi passeggiando per il Guinness Storehouse, spillando perfect pints, accompagnandoti con ostriche (oysters cry, it's Guinness Time!) anche se erano le dieci e mezza del mattino.

Quel giorno di San Patrizio immortalavi indicazioni stradali in gaelico sul background della sanpatriziesca Cattedrale, ascoltavi "Uh baby baby it's a wild world..." live @ Temple Bar, sbucavi - aspettandoti di trovare l'accogliente camera - nel bel mezzo di un baluginio di nere cremose pinte di Stout del Trinity Pub. "Cerchiamo la camera?", chiedevi allora a C. "Ma uniamoci alla festa!", rispondeva lei, ed il letto si allontanava verso ore più liquide e piccole, ché in vacanza si va una volta sola, a Dublino, proprio nel giorno di San Patrizio.

Quel St Patrick's Day si festeggiava una laurea, il Monolocale in Centro era ancora un groviglio di calce, pensieri, parole opere ed omissioni affastellato in un angolo, perenne work-in-progress, ed ancora non aveva visto la luce.

Quel diciassette marzo del duemilasei era un diciassette marzo diverso da quello di quest'anno.
San Patrizio lo viviamo, come si dice, "di striscio".

Ma da 'Gusto ce lo siam fatti comunque un regalo, Classic Stout Porters di Roger Protz.
Che alla fine, c'è una nuova tesi da preparare (ma che c'entra la birra con la tesi, direte voi... Scherzi dell'essere foodie, risponderò allora io, ed avrò poi modo di meglio raccontarvi quale sarà il topic della succitata tesi), viaggi da programmare, impegni da portare a termine, sogni da realizzare.

Ed un giorno, perché no, torneremo a festeggiare il St Patrick's Day a Dublino, sentendoci un po', anche noi, James Joyce.



[Nella foto, da sinistra a destra, prima riga: St. Patrick's Cathedral in Dublin, aprite i cancelli!!!!, la perfect pint e Chiara che la spilla. Seconda riga: botti (e bòtti) di Guinness, il Temple Bar District a volo d'aquila dalla stanza d'hotel, Temple Bar - il pub.]

venerdì, marzo 14, 2008

Pastiera napoletana

Un classico della cucina tradizionale napoletana. Io ho seguito la ricetta di Giuseppe Vitiello, capo pasticcere all'hotel De Russie di Roma, che ho trovato sull'allegato di questo mese al mensile del Gambero.
Le uniche cose che non ho messo sono le arance candite che ho sostituito con della semplice scorza; e la bustina di vanillina con metà baccello di vaniglia.

Il risultato è stato veramente eccellente...se avete 2 ore libere vi consiglio di provarla!

Ricetta:
Per la pasta:
300g farina
150g burro
150g zucchero
2 uova (tuorli)
1 pizzico di sale

Per il ripieno:
400g di grano cotto
500g ricotta di pecora
100g di latte (circa)
200g di zucchero
3 uova intere
3 o 4 cucchiai di acqua di fiori d'arancio
100g di scorza di arancia candita
1 bustina di vanillina
1 pizzico di sale
cannella e scorza di arancia

Preparazione:
La frolla: Setacciate la farina con un pizzico di sale in una larga ciotola, fate la fontana e mettetevi il burro morbido a pezzetti. Amalgamate burro e farina sfregandoli con la punta delle dita fino a formare delle grosse briciole. Fate nuovamente la fontana e metteteci i tuorli e lo zucchero e impastate rapidamente, quel tanto che basta per ottenere un impasto omogeneo. Raccoglietelo a palla, avvolgetelo con la pellicola e riponete per almeno un'ora nella parte meno fredda del frigo.
Il ripieno: Fate bollire il latte in una piccola casseruola e fuori dal fuoco unite il grano e lavoratelo per un pò con la forchetta per scioglierlo ed ammorbidirlo (se necessario aggiungere altro latte). Aggiungete anche lo zucchero e mescolate bene. Passate la ricotta al setaccio e unitevi il composto di grano ormai freddo, le uova intere, l'acqua di fiori di arancio, la vaniglia, la scorza di arancio e i dadini di canditi. Amalgamare il tutto con cura.
La pastiera: Imburrate e infarinate una tortiera di 28 cm a bordi svasati di cm 4 di altezza. Stendete i 2/3 della frolla a uno spessore di circa mezzo cm e foderate la tortiera, ritagliando l'eccesso di pasta tutto intorno. Versatevi il ripieno e con il resto della pasta formate la griglia. Infornate a 180° per circa un'ora, fino a quando il ripieno non sarà rassodato.
Sfornate e lasciate raffreddare senza toglierla dallo stampo.
Il dolce è migliore se preparato con un giorno di anticipo e lasciato riposare in frigorifero.

giovedì, marzo 13, 2008

Giù... giù... sto! Settemmezzo!


Durante le vacanze natalizie, il "Sette e mezzo" è un must (che sia stato poi sdoganato anche dal Gratta&Vinci, beh, quella è una desacralizzazione!).
Ogni momento è buono, per un "settemmezzo". Tra colazione e pranzo, tra pranzo e cena, dopocena e prima di scartare i regali, dopo i regali, ad oltranza, fino a mattino.

"Un nicheletto e giù", dice mia nonna con una moneta da due centesimi sulla carta coperta, un fante che vale mezzo. Il mazziera cala il sette di coppe. Bom. Settemmezzo.
Sbadiglio, ma Santa Claus quando arriva?
Poi è arrivato, come ricorderete, portando in dono nientemeno che "l'opportunità di brassare".

E per brassare, poi, s'è brassato.
Dopo una rilevazione statistica delle temperature nei diversi angoli del Monolocale - very professional, con tanto di rilevazioni alle otto del mattino, a mezzogiorno, alle sei del pomeriggio, a mezzanotte, financo alle quattro del mattino! - nei primi giorni freddi di Gennaio diamo il via alla produzione della Lager del Monolocale. Temperatura registrata: 20 gradi centigradi. Tempo stimato: una manciata di settimane. Il comandante ringraziava per aver scelto la loro compagnia, ed augurava un felice prosieguo del viaggio.

Non starò qua a tediarvi con il procedimento passo passo, anche perché lo trovate pure qua e noialtri non abbiamo fatto altro che seguirlo, pedissequamente. [Sognando l'all grain, come prima volta ci siamo affidati al kit]

Però, questo sì, vi renderò partecipi dell'attimo in cui, michelangiolescamente, rivolgendomi al gorgogliatore ho proferito un accorato "perché non parli?".
E lui, beh, LUI ha parlato.



Dopo qualche settimana di perplessità, prove di densità, assaggi disgustosi e maledizioni contro i lieviti in sospensione, s'imbottiglia.

Capita che il giorno prescelto sia il 26 Gennaio. Ovvero, sette anni e mezzo da quando i coinquilini del Monolocale, oltre che coinquilini, sono coppia.

Nasce così la Lager griffata Monolocaleincentro.
La Settemmezzo.
Di coppe, per giunta.

E dato che l'esperimento, tutto sommato, ha dato esiti positivi, a breve inizieremo la produzione di una Kriek su base Belgian Ale.
Rossa di un rosso rubino, quasi come un (il) Pesce Rosso.

Nel Monolocale è periodo di palingenesi... eppoi, HE is comin'.

lunedì, marzo 10, 2008

Gnocchetti con crema ruvida di zucca

La zucca non è un ingrediente che uso spesso...ha un sapore troppo dolciastro per i miei gusti.
Oggi però sul banco al mercato c'era uno spicchio troppo invitante. Un arancione carico che non si poteva dire di no!

E infatti l'ho prontamente acquistato!

L'ideale sarebbe stato preparare dei Tortelli alla mantovana ma era troppo laborioso.

Così vinta dall'apatia di questi giorni mi sono fermata dalla signora della pasta all'uovo dove ho preso degli gnocchetti che mi ha assicurato appena preparati!.


Tornata a casa:
Cubetto la zucca e la passo in padella con olio, aglio schicciato in camicia, un pezzetto di cotica di prosciutto, sale e pepe nero. L'acqua bolle, la salo. Frullo grossolanamente la zucca. Lavo al volo la padella e sciolgo una abbondante noce di burro con qualche fogliolina di salvia e semi di papavero. Affetto sottile una fettina di prosciutto e la faccio croccante in una padella caliente senza aggiungere alcun grasso. Butto giù gli gnocchi che dopo poco vengono a galla. Li passo in padella con un po di acqua di cottura e una spolverata di reggiano. A specchio la crema ruvida, gli gnocchi fumanti e il prosciutto scricchiolante.

domenica, marzo 09, 2008

Paramaribo, Alejo Carpentier e la Parbo Bier


Paramaribo, la capitale del Suriname, ha fatto il suo ingresso nell'immaginario collettivo di noialtri ragazzetti degli anni Ottanta quando ai nomi di calciatori olandesi che sembravano usciti da dipinti di Bruegel - da Dean Gorre a Stanley Menzo passando per Ulrich Van Gobbel - cominciammo ad associare volti neri più di Otello.

Oggi me ne ritrovo un affresco stupefacente ne "Il secolo dei lumi", ennesimo romanzo di Alejo Carpentier che sto divorando - e mai immagine fu più opportuna - proprio in questi giorni.

[INTERMEZZO: Alejo Carpentier, gli habitué del Monolocale ricorderanno, è di gran lunga il mio scrittore preferito. Perché è foodie come solo un grande scrittore cubano degli anni '30 poteva essere. Si trovano tracce di sbocconcellamenti ovunque, nei suoi scritti, da Ecue-Yamba-O a Il Regno di Questo Mondo passando per L'Avana, amore mio fino a Il secolo dei lumi; e non escludo che ve ne siano altre ne Il ricorso del metodo e I passi perduti. Tanto che ho deciso di approfondire l'argomento, e mi sto facendo accompagnare a braccetto da Alejo - che immagino vate meditabondo e saggio - tra i sapori del Caribe, cosicché un giorno...]

"Quando Esteban [...] si ritrovò nelle vie di Paramaribo, gli sembrò d'esser capitato in una città dipinta ed addobbata per una grande festa - città con un che di kermesse fiamminga e molto di un Bengodi tropicale. Un'abbondanza da natura morta sembrava essersi riversata nei viali alberati d'aranci, tamarindi e limoni, con le loro ridenti case di buon legno [...]. Nelle botteghe di commestibili, accanto alla macelleria dove s'offriva la carne di tartaruga insiema al cosciotto guarnito d'aglio, erano ricomparse le meraviglie - un po' dimenticate da Esteban - della birra Porter, dei grossi prosciutti di Westfalia, delle anguille e delle triglie affumicate, delle alici in salsa marinata con capperi e alloro e della mostrada piccante di Durham. [...] I pavimenti di mogano venivano strofinati, ogni giorno, con arance acerbe, il cui succo, assorbto dal legno, spandeva un delizioso profumo di spezie. [...]".

Oggi il centro storico di Paramaribo è Patrimonio dell'Umanità UNESCO, per via della caratteristica "fusione dell'architettura olandese con tecniche e materiali locali".
E non solo architettura, verrebbe da dire.
Gli olandesi hanno importato a Parbo (così viene anche chiamata Paramaribo) anche il consumo di birra - come Carpentier sottolinea nel passo di cui sopra.
Il Surinaamse Brouwerij N.V., inaugurato nel 1955 - e recentemente rilevato dall'onnipresente gruppo Heineken -, produce infatti la Parbo Bier (che in Olanda può essere sorseggiata con l'etichetta Djogo Bier), ma anche una Power Stout francamente inusitata, a quelle latitudini e a quelle temperature.

Nondimeno, ottima per conservare il retaggio culturale dei tempi che furono.

Nella foto, da sinistra a destra:
Prima riga: la bandiera del Suriname sventolante - a volo d'aquila sul centro storico
Seconda riga: Parbo Bier Lager - Il centro storico e le caratteristiche case in legno - Fort Zeelandia
Terza riga: una stampa del diciottesimo secolo di Par'bo - Sinagoga e Moschea ad un tiro di schioppo, perché Paramaribo è il tempio della tolleranza - vetrofanie Parbo Bier


giovedì, marzo 06, 2008

Back from Livorno: accacciuccati


Ci rituffiamo in una Civitavecchia deserta che è notte fonda. Nessuna macchina affolla Viale Marconi. Lo facciamo lasciandoci di fianco Porta Livorno, nuova nel suo scintillante candore, che ci osserva mestamente di rientro.

Due ore e mezza prima non uscivamo da Porta Civitavecchia, che non esiste e forse mai esisterà. Ma eravamo a Livorno, giuriamo.
Non potremmo documentarlo con foto, questo no. D'altronde, la nostra simpatica bucaniera ha ben deciso d'abbandonarci proprio tra un passo e l'altro affastellato in una raggiante mattinata di inizio marzo sulla pavimentazione romboidale di Terrazza Mascagni. C'est la vie.

Ma cell'abbiamo ancora impressa negli occhi l'amaranto Livorno, della quale Pierpaolo Pasolini scrisse ”Livorno è una città di gente dura, poco sentimentale, di acutezza ebraica e di buone maniere toscane, di spensieratezza americaneggiante. Le facce intorno sono modeste, allegre e oneste. Pei grandi lungomari disordinati, grandiosi c’è sempre un aria di festa come nel meridione, ma è una festa piena di rispetto per la festa altrui…”.

E festa è stata, di fatto, festa fatta di sbocconcellamenti ad ogni ora del giorno e della notte.

Festa di colori e profumi, come la visita del sabato mattina al Mercato Centrale delle Vettovaglie, per uno strano scherzo del destino esattamente centoquattordici anni dopo l'inaugurazione - che avveniva il primo marzo del 1894, come impresso nella prima pagina della Gazzetta di Livorno che troneggiava gloriosa sul banco del trippaio all'angolo, lato mare, dovutamente immortalato ma ça va sans dire...

Festa sprizzante di Chianti giovane e Cacciucco di Ivo Piagneri, chef del Ristorante Da Galileo - ma non solo, sembrerebbe anche abile narratore e memoria storica vivente -, sulle quali pareti troneggiano foto di vips capitati in visita o presuntamente tali, dove tra un Mago Binarelli ed una Claudia Schiffer scorgiamo anche un raggiante Fulvio Pierangelini et signora, estemporaneamente sorridenti, e dire...

Festa d'aromaticità estiva - quelle estati che profumano di tiglio e di timo - alla domenica mattina, prima aspirando boccate di iodio sul lungomare da Terrazza Mascagni all'Accademia Navale et retour, poi inalando l'acredine della resina nella pineta di Castiglioncello, prima di saltellare da uno scoglio all'altro e sederci a bordo mare che più a bordo mare non si può, che quasi i flutti potevi sfiorarli con la punta del piede, alla Lucciola dei Bagni Ausonia per degli gnocchi ai bianchetti di inusitata bontà.

E festa alcolemica, infine, con il Poncino eletto a nuovo feticcio del mascolino inquilino del Monolocale, lui che è abituato al caffé corretto (con Sambuca, obviously), ma che ha trovato nel Ponce Livornese un affettuoso compagno di viaggio. Non più di Chiara e L., quello mai.

Le feste, soprattutto quelle riuscite bene, al finire ti lasciano sazio e soddisfatto, pronto a poggiare la testa sul cuscino per sonni tranquilli e riposati, con la mente già a quando replicare.
Perché, si sa, raepetitia juvant.
Devono pensarlo anche i livornesi quando scrivono sui muri Pisa Merda.

martedì, marzo 04, 2008

Cacio, pepe e spinacino


Ed eccoci tornati di nuovo fra i fornelli del monolocale! Il week-end ve lo racconteremo presto...intanto...

Il tempo per uscire e fare una ricca spesa non l'abbiamo avuto così ieri sera abbiamo dato fondo alle nostre ultime, piccole, provviste che avevamo nel frigo...una ricottina confezionata, una busta di spinaci e fortunatamente un bello spicchio di pecorino romano e uno di parmigiano!

Questo è quello che ne è uscito...una cacio e pepe un pò più delicata con una base di spinaci appena saltati in padella.

Il procedimento è stato molto rapido. Dopo aver messo a cuocere gli spaghettoni in acqua bollente salata, in una ciotola ho creato una cremina unendo pecorino grattato, una piccola percentuale di parmigiano, un po di ricotta, appena di sale, pepe nero macinato in abbondanza e qualche cucchiaio di acqua di cottura della pasta.

Gli spinacini sono stati saltati in padella con un goccio d'olio per 30 secondi.

Via in tavola!