Io, poi, per i ristoranti, seguo una regola ferrea.
Ho i punti fermi, le sicurezze, i porti d'approdo consolidati, nei quali so sempre cosa aspettarmi (e giammi rimango deluso).
Poi ho i luoghi dai quali rifuggo. Per pregiudizio, per fama, per una prima sbadata occhiata lanciata mentre scaricano la fornitura (eppure su quei scatoloni, son sicuro, c'era scritto Pangasio, eppure il Pangasio in carta non figura).
Poi ci sono, infine, quelli sottoposti a "regola del tre". Il funzionamento è semplice. Alla prima visita, non entusiasma ma nemmeno delude. Gli concedi una seconda chance. Magari va meglio, magari peggio. Saresti tentato d'abbandonare, ma no!, gli concedi la terza, ultima chance.Ecco, stasera c'è chi s'è bruciato la sua terza chance.
L'incipit è familiare: Sabato sera.Voglia di spaghetti con le vongole veraci al fresco, aria frizzantina con reminescenze salmastre a stuzzicarti le narici.
C'è un ristorante immerso nel porto vecchio, ha un aspetto cool, è sabato ma quando ti siedi è deserto. Ha una carta disasteriscata, nel senso che non compaiono asterischi forieri di surgelato. "E vorrei vedere", pensi, se t'affacci sei a capofitto sui pescherecci, qua alle 6 del pomeriggio puoi venire ad attendere le paranze di ritorno, la freschezza dovrebbe essere una garanzia. Dovrebbe.
Ordini semplice. Due antipasti misti caldi. Uno spaghetto con le vongole. Uno allo scoglio con pomodori, basilico e canestrelle (per chi non le conoscesse, sono molluschi simili alle capesante, delle capesante in scala, ecco, così le definirei). Buone, pensi, le canestrelle. L'hai mangiate una settimana fa, a casa. Erano squisite, ed anche affascinanti. Hai addirittura conservato la conchiglia d'una delle tante, per ricordartene l'ammaliante gusto.
Poi, magari, avresti anche voglia di Antinoo. Ti dicono che non c'è, ti propongono uno chardonnay della Tenuta Ronci di Nepi in mescita al bicchiere. Ne prendi due, di bicchieri.
Arrivano gli antipasti. Sul piatto, allineati da destra a sinistra, delle polpette d'alghe e di baccalà fritte. Uno spiedino di spatola (che scoprirai poi avvolto attorno ad un asparago, cosparso di riduzione d'aceto balsamico). Un tortino sedicente di ricotta e sparnocchie (canocchie, pannocchie , spannocchie, strabbalabbri...squilla mantis, insomma!).
Le polpette d'alghe, vorresti tanto sbagliarti ma non è così, ti sembra d'averle già riviste. Qualche giorno prima, a casa, mentre Daniele le sgranocchiava vorace. Daniele è mio nipote, ed ha una passione per i fritti. Gliene comprano a quintali, ad un negozio vicino al mercato. Surgelate, ça va sans dire. Anche le polpette di baccalà tradiscono una provenienza surgelata. Per dire, qualche mattina fa ero a mordicchiare trancetti di baccalà fritto da Bonci, bom, erano un'altra cosa. Erano di baccalà, forse è qua la differenza.
Passabile l'involtino. Cassabile il tortino. Della squilla mantis, sparute tracce.
Il culmine lo raggiungi con i primi.
Lo spaghetto con le vongole è, a parer mio, la cartina di tornasole di una buona cucina di mare. Sarò nostalgico, ma raramente mi abbandono - specie quando vai per "testare" - a scelte sensazionalistiche. Questo, di spaghetto con le vongole, era davvero pessimo. Semiscotto, brodoso, ma soprattutto... con una disarmante assenza di sapore di vongole. Guardo negli occhi C., che mi siede di fronte. "A te sarà andata meglio, sperò", le sussurro. La sua è un'espressione che smentisce. Le canestrelle di stasera sono lontane parenti di quelle "vere" le cui lodi avevamo decantato giorni addietro. Non ci concedono nemmeno l'onore di fregiarci di una conchiglia nel piatto, sì coreografica. L'aroma dominante del piatto è una svanita essenza di pomodoro. Del mare, nessuna traccia.
Lasciamo i piatti quasi pieni. Il cameriere arriva a sbarazzare il tavolo. Chiede "piaciuti?". Noialtri, come se non fosse eloquente, si risponde "mh, abbastanza". I piatti tornano in cucina, mestamente. L'oste si guarda bene dal sincerarsi se tutto vada per il verso giusto.
Chiediamo il conto. Arriva il conto. Senza dilungarci troppo nel totoconto, 62 europei. Dieci per cadaun antipasto coi frittini del discount. Dieci per cadauno spaghetto slavato ed insapore. Sette per un quarto dello chardonnay laziale.
Terza chance bruciata, crocione gigante. La regola del tre non si discute, dopotutto.
12 commenti:
beh, magari non è fine, ma dacci le coordinate così evitiamo anche noi la sòla caso mai si stesse dalle parti di civitasvetulae senza mastri accompagnatori !!!
Sarò criptico, ma efficace: non ha mura, quantomeno non mura tradizionali.
mi sono sbellicata dalle risate... leggendo l'articolo e, ovviamente chi mai andrebbe in quel ristorante dopo questa bellissima interpretazione?
la prossima andrà meglio.
oviamente, in un altro ristorante!
babs
Mi dispiace per la sòla Fabrizio, ma hai fatto bene a fare una recensione negativa: troppe volte quando ci si trova male in un ristorante si preferisce tacere ma io penso che si debba parlare bene di un locale quando merita, e parlarne male quando demerita.
Jacopo
appunto, Jacopo.
Il fatto è che non solo mi sono trovato male, ma ho riscontrato anche un po' di supponenza nello staff.
Ed uno squilibrio troppo marcato tra servizio offerto e obolo versato.
ho riso amaro e una sensazione spiacevole di déjà-vu... possibile che la "furbizia" alberghi sempre più anche in cucina?
that's a "furbetti" era...
Gran bel post!! (manca solo l'indirizzo :-)
mmmm, a dir la verità poi sarei tentato, a grandissima richiesta, di metterlo davvero, l'indirizzo.
Ma poi ci andreste subito tutti, a testar se è possibile cotanta sòlitudine (nel senso di sòla).
Io ho già fatto il pieno di sòle e quindi quel posto lì lo guarderò da molto lontano. [a proposito grazie per la silenziosa ma preziosa solidarietà in tema di sòle, uffa...]. Gli farò anche pessima pubblicità, perchè bisogna pur punirli 'sti furbetti del quartiere, no-o ? Chè poi a lasciarli fare vedi poi cosa succede ? Te li ritrovi tutti insieme seduti allegramente a Montecitorio !!!
Siusun
ben detto, Marilì...
tanto tu hai capito, qual è, vero?
;)
Oh yea...
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