mercoledì, febbraio 04, 2009

Ode alla Sambuca. Chiara. Vera. Extra quonam.


E l'altra sera, mentre aspettavamo impazienti che Fabio sfornasse un'adamantina pizza con la scaròla, ho adocchiato la bottiglia di Sambuca Molinari d'antan che troneggia sulla mensola dei liquori ed ecco, m'è venuta voglia d'allungare la mano e nasconderla sotto il cappotto.
Il fascino vintage della ceralacca che ne sigilla il tappo, I must suppose.
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A casa, d'altronde, la Sambuca Molinari non è mai mancata. Da sempre se ne annaffiano copiosamente i caffé post-pasto. E' l'unico (o quasi) vessillo sventolante civitasvetulina positività.
E' la Sambuca, tout court. Chiara. Vera. Extra quonam.
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Che poi il nome, ne parlavo un bel po' di tempo fa, "sambuca", è stata croce e delizia dei Molinari, che hanno speso forze, tempo, danari per il riconoscimento dell'origine etimologica.
Perché se da una parte c'è chi paventa discendenze più o meno dirette dal Sambuco, dall'altra Antonio, figlio del Commendator Angelo inventore del marchio, ha sempre avuto le idee chiare sul who, when, why e where alla base della liquida sonorità del liquore d'anice.
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1851, Casamicciola Terme, Luigi Manzi. Camicie rosse ed afflati rivoluzionari. Ci sono contadini che lavorano alacremente nei campi di Ischia, e "sambuchelli", acquaioli, che li rinfrescano con acqua e fior d'anice cinese. I contadini apprezzano, Giuseppe Garibaldi durante una sua visita pure.
Poi il Manzi apre il primo stabilimento a Civitavecchia, davanti alla Chiesetta di Santa Maria che andrà completamente distrutta durante i bombardamenti del '43, e la consagra città sambucaiola per eccellenza.
Quando Angelo Molinari, il patron, giunge a Civitavecchia nel '45 dopo un'esperienza poco esaltante ad Addis Abbeba, dove si doveva fare l'Impero ed invece si andò a sbattere contro il duro ebano degli uomini di Menelik, inizia la produzione del celeberrimo marchio. Con una ricetta del tutto diversa da quella della Manzi, per di più, con l'anice stellato invece dell'anice verde.
Poi, un giorno, la Molinari avrebbe rilevato la Manzi con un patto, oltre che economico, d'altissimo valore etico: dare continuità alla produzione della "sambuca rivale" con un tot di bottiglie all'anno. Ma questa è un'altra storia.
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Il boom vero e proprio giunge negli anni '70. La Molinari è già passata tra le righe di Scerbanenco, ma è con la Dolce Vita e con Carosello che esplode la mania. Da quei giorni, non si dice più "sambuca". Si dice Molinari. Da Walter Chiari a Paolo Stoppa o Sydne Rome, da Adriano Panatta a Trapattoni passando per Verushka e Marina Hedman Bellis in Frajese, che all'epoca era Marina Frajese ma che di lì a poco sarebbe divenuta Marina Lotar, per dire.
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E chissà che proprio in uno di quei set (di Carosello, non della Lotar) non sia nata la leggendaria "sambuca con la mosca", un chicco di caffé tuffato nel liquore...
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Certo, se avessi quella bottiglia là che ha Fabio sulla mensola, potrei chiederlo a lei...
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