sabato, giugno 09, 2007

Muscoli

Per tutto il tempo che impiegammo ad attraversare il Meir parlammo di ragazze.

Giunti a Groen-plats, davanti ad un cartoccio di frites, di calcio.

Proprio davanti alla statua di Brabante che getta la mano del gigante despota verso le facciate bidimensionali dei palazzi che si affacciano su Groet-Markt, ci facemmo reciprocamente un riassunto sintetico – e in quanto tale plastificato – delle nostre pur brevi esistenze.

Inevitabilmente, poggiati al parapetto a strapiombo su una Schelda che lenta defluiva, finimmo per parlare di cibo.

Non aveva i muscoli, Christopher detto Chris, ma se era per quello, neanche io.

Però avevamo due bei cervelli, sulla stessa lunghezza d’onda, per giunta.

Avevo fortemente immaginato che in quel pomeriggio ci saremmo giocati tutte le cartucce conversazionali di cui disponevamo. E che fossimo rimasti senza niente più da condividere, se non quindici giorni di un roventissimo fine-aprile civitasvetulino.

Di carni e di pesci, pani e cioccolati si parlò su quella terrazza, con il chiosco stile liberty situato sull’estremità del molo che cominciò a strepitare quando la pioggia leggera – ad Anversa piove sempre, e quando non piove pioviggina – prese a tamburellare sul suo tetto di ghisa.

Il giorno dopo saremmo partiti per l’Italia, si andava a casa mia ed avevamo voluto ritagliarci un pomeriggio per anticipare la conoscenza, dato che durante le due settimane di scambio culturale al Vanceelst Instituut avevo convissuto con un tale di Lier al quale avevo mostrato tutti i miei lati peggiori e di Chris non avevo ancora visto da vicino né i muscoli – d’altronde non ne aveva, ma neanch’io, tant’è – né il cervello.

Che poi Chris sia diventato una sorta di surrogato di fratello – quel fratello maschio che non ho mai avuto – è una verità vera. Dopo quei quindici giorni di prassi continuammo a vederci, tornò per due estati consecutive a trascorrere qualche giorno sulla costa, portò anche la sua fidanzata.

Mia nonna, ogni volta che tornava, si faceva trovare in prima fila, pronta ad abbracciarlo con le lacrime agli occhi. Avremmo addirittura trascorso una settimana a Parigi – in campo neutro – l’anno dopo, poco prima che la vita ci prendesse alle spalle come un Tir che non ti scorge mentre attraversi, noncurante, le strisce pedonali fischiettando.

Un giorno, per il suo compleanno – che tra l’altro coincide con il giorno della Santa Patrona civitasvetulina – mia madre diede fondo al massimo delle sue conoscenze culinarie sciorinando uno spaghetto con la vongola e, a seguire, cozze alla marinara. È tutt’ora una delle immagini che conservo con più nostalgia.

“How do you call them?”, chiede a mia madre. Che ovviamente cerca una traduzione vacante per la cucina. “Cozze”, risponde lei.

Magia dell’omofonia, “kotzen” in fiammingo significa “vomitare”. Non che il buon belga non sia stato avvezzo al mangiare “mosselen”, figuratevi! Un piatto istituzionale, nel Pays Plat (come Jacques Brel chiamava il Belgio). Ma certo, mi dicessero che tal piatto apparentemente familiare, nella lingua incomprensibile di un paese lontano, si chiami “vomitello”, beh, non nascondo che avrei delle remore ad assaggiare e sorridere contemporaneamente.

Immaginate allora l’espressione disgustata del buon Cristoforo, a tutta prima. Sconvolgetela poi nella mimica facciale sintomatica dell’appagamento dei sensi.

Che Chris non avesse i muscoli fu chiaro anche quel giorno. Finito di ingurgitare i muscoli di mare tracannò un bicchierone di latte scremato. “Per uccidere i microbi”, rassicurò chi lo guardava inebetito – nella peggiore delle ipotesi, con un conato di “kotzen” quasi quasi affiorante.

Quella polaroid mentale di un Chris senza muscoli né palle che beve latte dopo i muscoli, cozze, mosselen che dir si voglia, cell’ho fissata come un post-it sulla parete dell’ippotalamo. Che, per chi non lo sapesse, è l’area cerebrale dove albergano gli appetiti (sessuali e non).

Anni dopo, con Cristoforo, ho smesso di sentirmi.

In compenso, l’ippotalamo gli funziona bene, si direbbe.

Ora è sposato ed ha due figlioletti, e manda ancora cartoline d’auguri natalizi spolverando l’aneddoto delle cozze.

Non avrà i muscoli, ma almeno ha una buona memoria.




2 commenti:

Anonimo ha detto...

Gran bel blog! Lette le cozze con piacere, ammutolito di fronte alle bellissime foto di Arnold.

Fabrizio Gabrielli ha detto...

grazie Lorenzo...
torna a trovarci quando vuoi...
un posto per appendere il cappello lo troviamo sempre!

F