Alcuni trovavano un’accoglienza di destra, un calcio nel culo e via,
altri un’ accoglienza di sinistra, un calcio nel culo e un chinotto.
Ai gloriosi tempi del mandarinato del chinotto, non sapevo né chi fosse Stefano Benni, né cosa significassero le parole “destra” o “sinistra” in quell’accezione.
Per me la sinistra era la mano con la quale non sapevo fare nulla, men che meno scrivere. La destra, invece, aveva un non so che di magico, specie quando lanciava le macchinine già per la ripida discesa di casa mia.
Avere un amico che si chiama come tuo padre è inquietante.
Luigi, oltre che il nome, di mio padre portava anche il cognome. Eppure non eravamo fratelli. Nemmeno cugini. Sbalorditivo.
Però abitavamo dirimpetto, affacciati su quella discesa scenario di mille giochi.
D’inverno, quando domineddio ci regalava una nevicata copiosa, scendevamo di lì con le buste di plastica sotto le chiappe. D’estate, invece, ci attardavamo a raccogliere pinoli da quelle pigne enormi cadute con tonfo sonoro. Oppure, calciavamo il pallone in salita, aspettando che ci tornasse tra i piedi. O meglio, ci lanciavamo le macchinine (Luigi secondo me barava, si teneva un modellino di Renault 5 dalle ruote ultralubrificate sempre per ultimo, cosicché arrivava più lontano di tutti e si portava a casa oggi una Fiat 500, domani una gazzella dei carabinieri...).
Quando le cicale scandivano, coi loro frinii, i ritmi lenti della siesta del pomeriggio, in punta di piedi uscivamo di casa e giravamo per i viottoli deserti, sputando per terra e tirando sassi ai gatti. Ci sentivamo un po’ i re del mondo, i mandarini (quelli cinesi, non i clementini) del paesotto.
Anche i re, questo già lo intuivamo, alle volte hanno sete. Allora rimbalzavamo da casa di mia nonna a casa di sua zia, che erano rispettivamente ai lati opposti del paese. Cioè, distavano l’una dall’altra duecento metri, qualche spanna in più.
L’assortimento di mia nonna era di quelli che ti tolgono il fiato. Sciroppo di tamarindo, spuma, ginger, bevande gassose e colorate che ci mandavano ai pazzi. Ne bevevamo grosse sorsate, ma non fino a dissetarci completamente.
Lasciavamo sempre uno spazio nel gonfio stomaco di novenni per quella cocacola asprognola che si annidava, in piccole bottigliette rilucenti, nel frigorifero della zia di Luigi.
Quella cocacola la sentivamo un po’ nostra, perché ci raccontavano venisse prodotta a una manciata di chilometri, in quel di Capranica. Si chiamava chinotto, quella cocacola là.
Quarant'anni prima di quei pomeriggi, Antonio Neri, nel 1949, aveva inventato il chinotto, e forse non se lo sarebbe mai aspettato, un successo di quella portata. Erano gli anni del boom economico. Grandi automobili americane, quelle stesse automobili con le quali – sottoforma di modellini – giocavo con Luigi, avrebbero preso a girare per le vie dell’italico stivale reclamizzando, sponsorizzando, pubblicizzando.
Poi sarebbe stata l’epopea del “Bevi Neri… Ne ri-bevi”, del “Non è chinotto se non c’è l’8”, del packaging rossoverde…
Oggi, quasi vent'anni dopo quei pomeriggi con Luigi, in un anonimo bar di Ladispoli con Luca e Claudio, spunta l’inconfondibile bottiglietta, con la nuova etichetta – che poi nuova non è.
L’8 è là, splendido, incoronato, come ai bei tempi.
Il mandarinato del chinotto, me lo sentivo, me lo sentivo, può tornare a risorgere.
[La citazione di Benni l’ho ripresa pari pari dal panegirico al chinotto tributatogli su Peperosso, in illo tempore: “Chi?...n8!”]
4 commenti:
Maroooooo, il tamarindo (io ci facevo la granatina :-D), la spuma, il chin8.... Che gusto e che ricordi, caro Fabrizio....
Anche tu a calciare palloni in salita eh !!! :-DDD
Ennesimo post romantico.... bello...
Jacopo
Proprio una bella madeleine de proust questa qui! E fu la mia negli stessi anni, l'estate a Mezzana, Trentino!
Ma presto scopri' ancora più affascinante: il Gingerino della Nonna!
E quando pensi che in Francia è difficile trovarlo, immaginerai la mia ansia, non appena rimetto un piede in territorio itallico!
Spero tutto bene per voi due! Complimentoni alla Chiara per le favolose ricette primaverili, e complimenti a te e alla tua meravigliosa scrittura!
claire, sempre troppo prodiga di complimenti...
qua tutto bene, ma...il pescerosso prenderà la via di Ville Lumière? Mi affascina solo l'idea :P
ciao Fabrizio...felice domenica
Posta un commento