mercoledì, novembre 14, 2007

CockTale

Tempo fa, durante la recensione giornaliera della stampa internazionale, mi imbatto su uno slideshow – pubblicato su El Pais – di scatti d’antan di una Madrid che non c’è più.
Mi colpisce soprattutto l’atmosfera liberty della Gran Vìa. Una foto, in particolare, ritrae un barman, capello imbrillantinato, giacca immancabilmente bianca, dietro un bancone affollato di astanti e shakers. Siamo negli anni Trenta.

Quel signore è Pedro Chicote, per i madrileños semplicemente Perico. Ed è “el hombre que llevò el còctel”. Sì, non è un errore di grafia. El coctél. Figura mitica, quella di Perico. Capace di sfidare le ondate antiamericanistiche del Generalìsimo. Uomo di grande personalità e carisma, che fece della sua cockeleria un’appendice delle sale dei bottoni ispaniche. E che, ironia del destino, partì per shakerare ai Campi Elisi il giorno di Natale del 1977. Lo stesso giorno di Charlie Chaplin.

Ben prima che l’internet surfer potesse reperire informazioni sui cocktails più gettonati – tipo quelli pubblicati, ogni sabato, chez Max, per intenderci –, nella Piel de Toro per gustare “el còctel” dovevi andare nella Gran Vìa, al civico 12.

I gerarchi di Franco non vedevano di buon occhio quest’invasione di costumi stellestrisce: “Una cocktelería! Mossa coraggiosa usare questo anglicismo sfacciato e colonizzatore, per un bar”, lo sfidavano. Ma anche la più ferrea delle dittature avrebbe arrancato di fronte ad un “oceano di Grand Marnier, un terzo di Vermut rosso ed un’esplosione di Gin inglese”: il cocktail Chicote. Con una goccia d’angostura, il suo ingrediente preferito.
Al bancone di Perico passarono Charlton Heston e Gregory Peck, Salvador Dalì ed Ernest Hemingway. E poi Gary Cooper, Liz Taylor, Walt Disney… Dwight Eisenhower, nel 1957,
durante una visita diplomatica dichiarò d’aver trascorso i momenti più felici nella cocktelerìa di Chicote. La vita del locale si fonde con quella di Perico. Dall’affollamento degli anni ’50, quando tintinnano i flipper, si alzano cortine di fumo di sigaro mescolate a grida ed incitamenti per tori e palloni, si passa ad una lenta agonia.
Perico invecchia, testimone di un’epoca che non c’è più. Fino alla sua morte.

Oggi, il locale al numero 12 della Gran Vìa è tornato ai vecchi fasti, grazie al ritorno alle origini predicato da Pedro Serrano ed Alexis Rojas. Sicuri che Perico, da lassù, li guarderà divertito, continuando a mescolare ingredienti e rispondere con un niet agli integralisti del nazionalismo, dai gerarchi franchisti che gli intimeranno di adottare il termine còctel ad Achille Starace che, con la sua naïveté tutta italiana, suggerirà un colorito – e di rare potenzialità sgrammaticate – “Coda di gallo”.

4 commenti:

LoStupido ha detto...

cazzo! mi hai rubato un titolo!!!! lo volevo usare per una storia stupida...

Antonella ha detto...

ma che bel post! la prossima volta che sarò in madrid cercherò questo posto!

Fabrizio Gabrielli ha detto...

@lostu: sorry!

@chaosetc.: tnx per i complimenti! Te lo aconsejo!

Anonimo ha detto...

Bel post. Le foto del Paìs sono fantastiche.