giovedì, dicembre 13, 2007

L'asterisco (Secondo ed ultimo tempo)

Piccolo riassunto del primo tempo.
[...] Sabato sera.
Voglia di spaghetti con le vongole veraci al fresco, aria frizzantina con reminescenze salmastre a stuzzicarti le narici.
Scelta del luogo giusto, sempre troppo difficile, nella città del pressapochismo ristorativo.
[...] "Il Pappafico".
Proviamo, mai andati.
Maddai, è chiuso.
Di sabato? Di sabato.
Luci spente. Le sedie sopra i tavoli.
Proviamo? Proviamo.

(L'intero primo tempo qua)


Secondo tempo.

Mangi nel più totale silenzio. Gradisci o meno, poco importa. Ti perdi negli occhi di chi ti sta seduto di fronte, che vorrebbe sciorinarti considerazioni ed appunti, ma che non ti dice nulla perché il commendator Arsella è lì, poggiato sullo stipite della porta della cucina, che ti segue trasognante e demoralizzato al contempo, pronto a cogliere ogni impercettibile segno di indignazione, a carpire se e quanto quell’asterisco posto al lato di ogni pietanza – che riporta ad un monocorde “prodotto surgelato” – faccia inorridire, pugnalata di fuoco tra le scapole sudate nonostante la maglia della salute.

Il cinereo livore della scalinata monumentale al chiar di luna abbraccia le evanescenti considerazioni del post-cena. “Certo, a due metri dai pescherecci, darti il fritto di paranza surgelato…”, ti dice lei. Immagini il commendatore sedersi scosso, ferito nel profondo, con le scarpe da cameriere che gli vanno strette ed il papillon a togliergli il respiro.

Fermare il corso del tempo, la fuga del pesce, il meccanismo che ti ingloba e come melassa non ti libera più, l’invasione degli astici sudafricani, dei gamberi del pacifico, di tutto ciò che è “altro”, dell’esotico, la teoria del vantaggio comparato, l’apertura delle frontiere... A pensieri come questi il commendator Arsella cerca di dedicare meno tempo possibile.

Soprattutto di sabato sera, quando il locale dovrebbe esser pieno ed invece sui tavoli disimpegnati aleggiano solo le zanzare e la melensa presenza di un passato glorioso.

Un giorno, magari, parlando del suo Pappafico deciderà di raccontarsela tutta, la storia. In sordina, come nel suo stile, svincolato da facilistici j’accuse.

Ponendo, vicino al suo nome, un asterisco che rimandi ad una nota a pié di pagina*.


*
Il Pappafico, ça va sans dire, esiste ma non si chiama così.
Il commendator Arsella anche.
In quanto a noi, beh, non l'abbiamo mai provato.
È che tutti quegli asterischi ci spaventano.
Davvero.

2 commenti:

il maiale ubriaco ha detto...

guarda davvero bello il tuo racconto..scrivi davvero bene.
questo pappafico mi ricorda vagamente posti che ho incrociato, attraversato, osservato. gli scambi di sguardi di cui parli, il pallore della sala, la tristezza che alcuni oggetti ed, aimè, pietanze trapelano sono molto significativi. Chissà, forse questo pappafico avrà davvero vissuto momenti di gloria..

Saluti

Re

Fabrizio Gabrielli ha detto...

@Re: grazie per i complimenti. E' vero, Il Pappafico è un luogo-non luogo, essenza che altrove si sarà senz'altro materializzata in forme leggermente differenti, ma tant'è...
I momenti di gloria, ahiloro, non sono come i diamanti De Beers, "per sempre"...