La sera di Ognissanti, quand’ero bimbo, mia madre accendeva due lumicini di quelli da cimitero. Uno rosso, alto, uno bianco, piccolino. Quelle luci sarebbero servite a guidare i
Trovavamo la lettera aperta e stropicciata, come se qualcuno l’avesse letta e riletta. I biscotti non c’erano più, rimaneva solo qualche briciola sparsa qua e là. Il bicchiere d’acqua, semi svuotato. Ed un’epistole di risposta, “continuate a fare i bravi, non fate arrabbiare mamma e papà…” e cose del genere. “Visto, nonno e il fratellino vi sono venuti a trovare!”, ci diceva mia madre. E sul tavolo giacevano due sacchetti, personalizzati. Dentro c’era della Frutta di Martorana e, soprattutto, Fave da morto.
Molte culture annoverano tra i loro rituali l’offerta di cibo ai cari defunti.
Noi, invece, ne ricevevamo in dono un dolce semplice, fatto con sola farina, zucchero, mandorle dolci, burro, uova.
Anche se agli occhi di quel bambino, chissà perché, appariva come la più speciale delle pietanze.
In apertura: offerta di cibo ai defunti su un altare a Mitla, nella regione messicana di Oaxaca, nel Dìa de Muertos
1 commento:
Ciao, sono Francesco. E'un po' che ti seguo nei vari blog.
Complimenti!
Ottima la scelta di una foto messicana per ricordare questo giorno. L'ho vista al primo sguardo che era "Hecho en México".
Hasta pronto.
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